venerdì 21 marzo 2014

MENTE SANA IN CORPO MANZO PARTE SECONDA - IL SANTUARIO DEL BOVIN ARDORE

A distanza di mesi persevero nell'infliggere la palestra ai miei muscoli, nell'attesa di quella sculettata in più che mi catapulterà nell'olimpo dei fisici scolpiti. Là, dove io ed Elle Macpherson ci daremo di gomito in confidenza, irridendo la pelle bianca e un filo mozzarellosa esibita dalla Castà in quel di Sanremo. Nel frattempo, confermo la mia prima impressione: la palestra è la panacea di tutte le affezioni mentali, soprattutto se viranti alla depressione. In altre parole, se proprio non ne esci con le gambe più lunghe,
toniche e sode, è quantomeno sicuro che ne esci con l'umore innalzato a vette stratosferiche. 
Capita, talvolta, che il mio umore sia rasoterra, del genere che il pensiero più felice lo faccio la sera, quando ,prima di addormentarmi, considero speranzosa l'eventualità di non risvegliarmi mai più dal sonno. Ecco, è lì che la mattina dopo, seppur dotata di una forma fisica da l.p (lascia perdere, n.d.a.), decido invariabilmente di tornare nel tempio del bicipite inamidato. E non scelgo mai di fare due sgambatine sul tapis roulant o di abbozzare due addominali farlocchi, per poi stramazzare sulla panca ed ingozzarmi di M&M's, immortalando con lo smart phone l'effetto poltiglia del cioccolato e delle noccioline sbiascicate nella mia bocca. No, signore e signori, io seguo l'insegnamento di Montezemolo feat. Crozza e parto dall'eccellenza: il corso di Hitler. Per coloro che si fossero messi in ascolto soltanto ora, Hitler è il più tenero degli istruttori della palestra, il più comprensivo verso le femminili difficoltà, colui che elabora dei piani di allenamento estraendoli direttamente dalle carte segrete di Guantanamo. Ho cercato di spiegargli che, per quanto la mia professione sia chiaramente in declino sotto molti aspetti, non ho per il momento in programma di arruolarmi nei Marines, ma mi ha urlato di piegarmi di più sulle ginocchia. Forse non mi ha sentito per via della musica.
Il suo corso dura un'ora. Dopo i primi 20 minuti, teoricamente deputati al riscaldamento, la classe di allieve si divide in due categorie: le Paonazze, che tentano di controllare le smorfie provocate dall'iperventilazione e di evitare di auto praticarsi una tracheotomia con la cannuccia dell'Estathe, e le Pallide, che si impegnano con tutte se stesse per non cadere a terra svenute, limitandosi ad ondeggiare sulle gambe ormai molli. Non funziona sempre, ogni tanto qualcuna crolla a terra davvero, ma mi risulta si sia dovuto ricorrere al soccorso medico una volta sola, quindi statisticamente il corso non si può definire mortale. Gli sguardi delle allieve variano dal disperato, al supplichevole, al furente (ok, è il mio), ma le domande sono per tutte le stesse: finirà mai? E' normale sentire così male ai muscoli? Sono io che sono marcia o questi esercizi sono davvero così assurdi come sembrano? Resisto o lo mando al diavolo e torno alle M&M's? In realtà questa opzione è di fantasia, non è possibile mollare, perché Lui non te lo consente. Se ti fermi durante una delle ventimila ripetizioni, ti si piazza di fianco e ti spinge manualmente quell'arto che proprio non vuoi esercitare, incitandoti con la voce e imponendoti un ritmo forsennato. Lo hanno capito tutte, quindi quello che succede è questo: Lui spiega l'esercizio, mostrandocelo personalmente, zittisce i cori di "e chi ci riesce?!", ci dà il via e resta a fissarci tutte per qualche secondo. Poi comincia a girare per la sala, correggendo quelle che sbagliano qualche movimento o costringendo a riprendere chi già si era fermata . Quello è il momento che tutte aspettiamo, nell'attimo in cui si concentra su una poveretta, tutta la parte della classe che viene a trovarsi alle sue spalle si ferma contemporaneamente e sviene sulla fit ball che ci fa usare (una sorta di gigantesca palla rimbalzina), mentre la parte che si trova davanti a lui rantola nel tentativo di non smettere. Appena finisce la spiegazione e si gira a controllare quante sono dietro di lui, quella metà si rianima magicamente, fingendo in maniera egregia di aver svolto tutte le ripetizioni, e la parte rantolante si accascia sul pavimento, con gli occhi vitrei fissi sulle Sue spalle, nel terrore che possa girarsi. E' come un gigantesco presepe animato, con passaggio da notte a giorno eseguito a tempo di musica da discoteca.
Il Suo, nonostante tutto, è un corso trasversale, nel senso che vi partecipano donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni, il che conferma che siamo un genere dotato di masochismo congenito e non eliminabile. Le bambucce universitarie sono forse le più numerose, prodotte in serie e sfornate direttamente dal Mulino del Disadattamento Estetico, vengono al mondo (e, di conseguenza, in palestra) già con addosso gli irrinunciabili leggins semi trasparenti, con vista su mutanda, e le sneakers ai piedi. Ovvero, una delle tipologie di scarpe più raccomandate dall'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, che vi aspetta a braccia aperte presso il proprio pronto soccorso e vi ricorda che ogni 4 caviglie con frattura esposta avrete una riduzione ossea in omaggio. Una di queste amene fanciulle, con leggins però discretamente coprenti e scarpe umane (quindi trattavasi di prototipo de luxe), era posizionata di fianco a me durante una recente lezione e ho avuto modo di notare che era la classica Cicognona: biondo Hope (l'eterea colorazione di quella svampita della figlia di Brooke), taglia 38 a dir molto, braccia ossute e gambe chilometriche. Quest'ultimo particolare non si poteva mica ignorare, la su anca arrivava all'altezza del mio orecchio, così come era impossibile non notare le ossa del bacino che le spuntavano dalle chiappe ogni volta che si piegava. A me, in quella zona, non risultano avvistamenti di ossa da almeno tre decenni, naturale che la fissassi spaesata. Sul viso non c'è, invece, molto da dire: regolare, uno sguardo non proprio vivacissimo, ma questo, durante le lezioni fatte da Lui,  non è un segno distintivo, sono momenti in cui è difficile dare a vedere di essere un umano senziente. Ho notato che Lui continuava a venire lì a correggerla, il che era comprensibile, perché la Cicognona era graziosa ma scarsamente coordinata, oltre al fatto che si fermava ogni momento, fissandolo con lo sguardo pallato di una cernia molto bionda. Quando ha cominciato ad esclamare "Brava!" ho, sulle prime, modestamente creduto che parlasse con la sottoscritta, salvo rendermi conto che il complimento coincideva con i piegamenti della Cicognona, esercizio nel quale il posteriore ossuto della suddetta era alquanto proteso verso l'esterno. Quindi sì, brava lo diceva a lei, o per lo meno ad alcune parti di lei. Insomma, ad Hitler piacciono le cicognone e comprensibilmente non riesce a nasconderlo. 
Terminata la lezione, mentre mi avviavo all'uscita con un'amica, lo vedo venirci incontro, ovviamente non per parlare con me. Perché lo ammetto, Lui non mi ha in simpatia, forse lo metto pure a disagio, anche se giuro che non so perché: sono sicura di non avergli mai parlato delle mie teorie sulle differenze uomo-donna, né, più in generale, di avergli mai rivelato alcuno dei miei strambi pensieri. Mi sarò limitata ad ironizzare su alcune delle sue frasi più notevoli, ma solo perché credevo scherzasse, e posso assicurare che non sono stata felice di scoprire che era mortuariamente serio. Il che, tra l'altro, mi ricorda che io non sono adatta alla fauna da palestra, dovrei limitarmi ad osservarla a reverenziale distanza ed evitare ogni interazione, anche per non rovinare il microclima e rischiare di compromettere la biodiversità. Ho un binocolo a casa, se da Decathlon trovo anche un completo kaki simil-colonialista, posso soppiantare Alberto Angela nel palinsesto Rai. 
Anche questa volta, come sempre, Lui si è rivolto alla mia amica, come se io non fossi lì, levandomi anche dall'impiccio di essere educata, ed ha iniziato a raccontare della Cicognona: ne esaltava ovviamente il fine eloquio ("oh, ma l'hai vista quella? Un culo e due cosce spaziali!"), la delicata intelligenza ("veramente figa, forse un po' troppo magra sopra") e ha finito per dare al tutto un tocco scientifico: perché un istruttore certe cose le vede ed è dura per lui. Ah, ecco. Cioè, non è che è maschio e quindi un po' in balia della solita antennina che tutto governa e che ha le sue preferenze. E' che Lui studia l'anatomia del corpo umano e quindi sa individuare chi è veramente fatto bene, schivando scoliotiche e portatrici di cellulite, tenniste col gomito valgo e la cipolla sul piede. E voi, masse di volgo incolto, vergognatevi delle vostre scelte insensate a base di coppe di reggiseno e natiche prosperose in cui affondare le mani. Voi scegliete a cazzo (è scienza, non conta come parolaccia), mentre chi sa, come Lui, sceglie consapevolmente, nella ricerca del deltoide perfetto, del grande gluteo destro bilanciato con quello sinistro. Inutile spendere gli oltre 70 euro pretesi dalla Freddy per i nuovi pantaloni con push up per la chiappa, Lui vi smaschererà, riconoscendo il buco di cellulite sotto la stoffa o la ciccia compressa per sembrare muscolo, rivelata da un impercettibile tremore tendineo, che vi tradirà, lasciandovi sole e sudaticce mentre Lui si allontana verso il tramonto, con la Cicognona dal culo scientificamente testato.
Comunque io non mi arrendo, perché l'adesione alla sconfitta non è stata tempestivamente inserita nel mio codice genetico: avrò ragione anche di Hitler ed arriverò a conquistarne la simpatia (si fa per dire). Non potendo contare su centimetri di gambe, almeno che non valgano anche quelli distribuiti in maniera irregolare su piano orizzontale, utilizzerò la mia determinazione per diventare la prima della classe, la più attiva, quella sempre in prima fila e sempre rimbalzante, proprio come una fit ball. Che poi, qualche risultato l'ho già ottenuto: l'altro giorno stavo saltellando energica, su sua istruzione, con tutti i capelli che mi rimbalzavano in testa, in un estetico effetto da spot della Eminflex, quando ancora i materassi a molle erano di moda. Lui mi ha fissato stranito ed ha esclamato "sembri Gullit". Chiaramente, un segno di approvazione nei miei confronti. Soprattutto, un commento straordinariamente originale, una cosa che mi sarò sentita dire massimo 1 o 2 milioni di volte dalle elementari ad oggi. Talmente originale, da essere battuto unicamente dalla strofetta "Saaaaraaaa/svegliati è primaveraaaaaa" che ogni maschio incontrato dai 13 anni in poi mi ha intonato (più spesso stonato) subito dopo le presentazioni iniziali. Tra l'altro, mi si offre l'occasione di un appello globale, che faccio un po' in nome di tutte le Sare d'Italia: amici maschi, ma che la cantate a fare una strofa così? Come potete credere che faccia simpatia? Non fosse sufficiente il nefando riferimento a gravidanze indesiderate, vi ricordo che quella canzone è, innanzi tutto, un prodotto di Venditti. Quindi, il solo citarla già richiama concetti indesiderabili quali: occhiali azzurrati, stempiatura estesa fino alla cervicale e voce tremolante da menestrello romano. Nessuna di queste cose fa buona impressione su una donna sotto gli 80 anni, a volte nemmeno sopra. Aggiungiamoci pure che quel testo è una delle più antiche testimonianze di Uomo di Merda rinvenute su suolo italico. Parliamo di un soggetto che dice, alla poverina rimasta fregata in davvero giovane età, che se potesse la porterebbe al mare (chemmelodiciafa'? Tanto non mi ci porti), che se potesse la porterebbe ogni giorno a far l'amore (perché, non hai fatto abbastanza danni?), MA (eccolo): "ohohohhhh Saraaaaaaa/mi devo laureare/e FORSE un giorno ti sposerò". Forse. Può darsi. Solo dopo che avrò finito le mie cosucce universitarie, la gara di subbuteo con gli amici e il torneo di briscola dell'enoteca all'angolo. Intanto, vedi un po' tu come ti puoi arrangiare, tra pancia enorme, banco piccolo, compagni stronzi e un figlio da crescere. Che poi, sei bella anche se assomigli ad un cetaceo spiaggiato, mica lamentarti, sai. Comunque ti chiamo io. Et voilà, la storia di tutte le storie d'amore. O, perlomeno, di tutte quelle che fanno schifo.

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