venerdì 29 maggio 2015

HO VISTO COSE A SPECCHIO CHE VOI UMANI

Si sa, per strada possono succedere cose incredibili, soprattutto se si è alla guida di un'auto e si ha il vantaggio della visione multipla grazie agli specchietti laterali e retrovisore. Anche quando pensi solo a tenere l'acceleratore in posizione costantemente orizzontale per recuperare il ritardo epico accumulato, anche quando il cielo plumbeo ti rende impossibile credere che sia maggio e non una versione 2.0 di novembre, anche quando l'unico motivo di buonumore che ti avanza è il pensiero che che i Maya possano non aver detto tutte cazzate ma aver soltanto fatto un - perdonabile - errore di calcolo. Ebbene, perfino in quei momenti
dagli specchietti dell'auto possono venire insospettabili aiuti.
Prendete me, l'altra mattina. Guidavo verso lo studio, tutto sommato abbastanza serena. Con ciò intendendosi uno stato di ansia quasi sotto controllo, per lo meno non di intralcio totale alla respirazione. Tuttavia mi era impossibile evitare una certa mestizia, con il tempo da Mago di Oz - parte iniziale con casa volante e tutto il resto - che ci flagella gli attributi nelle ultime settimane. Il che mi rende anche un po' incazzereccia verso il mondo in generale, perché di qualcuno sarà colpa se questa primavera è così insopportabilmente lenta. Tipo, sarà che a furia di chiedere "Che fretta c'era maledetta primavera" Loretta Goggi ce l'ha fatta a far innervosire la signora, la quale alla fine ha risposto" Sai che c'è? Chiamami tu quando sei pronta"? Non so, ma quel che so per certo è che il tipo che si era messo sulla corsia di emergenza da qualcosa tipo due chilometri, per uscire alla mia stessa uscita della tangenziale, e che cercava di accelerare e superarmi sulla destra benché avessi la freccia e iniziassi pure io a spostarmi, meritava tutti gli accidenti che gli ho tirato.
Mentre quindi imboccavo l'uscita prescelta, maledicendo il percorritore di corsie d'emergenza, pigiando sull'acceleratore per sicurezza e controllando nello specchietto che dietro non succedesse l'irreparabile, ecco che tra me e il sorpassatore casereccio si frappone, con scivolata fluida da film botti&schianti, un'altra macchina, che si incastra al pelo tra le nostre due e alla cui guida, comparso come una visione, c'è il sosia di Micheal J. Fox in un film a caso degli anni '80. Molti si chiederanno di quale straordinaria vista io disponga per distinguere così nel dettaglio i tratti somatici di uno che vedo da lontano e di riflesso. In realtà, ho percepito nettamente solo due dettagli, più che sufficienti: un mega ciuffone castano, gonfio ed irregolare, ed uno straordinario paio di enormi occhiali da sole a specchio. Ripensandoci, poteva essere anche il sosia di Claudio Amendola in Vacanze di Natale del 1983, rotolato giù dalle piste di Cortina in quel momento. Ed in effetti i conti tornerebbero, perché l'autore di questa mirabolante manovra, compiuta in un tratto alquanto rischioso, sfoggiante un paio di occhiali che per bontà definiremo vintage, in una giornata in cui ci sarebbe voluta la luce elettrica 24 ore non stop, non guidava affatto una DeLorean. Nemmeno guidava una Golf, se proprio ci vogliamo ridimensionare. No, lo spavaldo Scivolatore Specchiato conduceva, fiero e agile, una bella Punto Evo. Cioè una macchina a cui manca soltanto una parola nel nome, Medio, per spiegare all'acquirente quale tipo di moderna tecnologia è in grado di offrirti.
Scoppio in una sincera risata, già dimentica della rabbia che mi suscitano coloro che credono che il sorpasso a destra sia una cosa furba e maschia, e rivedo le mie posizioni. Forse lo Scivolatore Specchiato alla fine merita la mia comprensione. Forse non è il ridicolo esibizionista, privo di senso estetico e specchi onesti, che parrebbe ad una prima occhiata. Forse il poverino quella mattina era sceso per recarsi al lavoro, aveva osservato a lungo pensoso la grigia Punto (Medio) Evo e aveva capito di non poter sopravvivere oltre alla vergogna. Da qui, caccia forsennata ad un paio di occhiali neri con baffi e naso incorporati, drammatico rinvenimento in casa degli occhiali che il padre usava sulle piste da sci di Obereggen, tragica sottovalutazione dell'effetto, forse dovuta alla fretta di uscire, conseguente duplicazione della vergogna (macchina da geppetto + occhiale da reduce degli anni '80) e finale sfociante in dramma, con il sorpasso scivoloso motivato solo dal desiderio di nascondersi tra i mezzi degli altri e, forse, sparire.
Ci sta. Lo capisco. Lo perdono. E ne traggo materiale per il mio e l'altrui divertimento. Con la speranza, che nel week end, nell'andare al mare di corsa, accalappi pure lo slippazzo da Lido degli Estensi che il genitore acquistò soddisfatto nel giugno del 1985. FUCSIA. Altrimenti lunedì mi toccherà scrivere di nuovo di Carlo Conti e del programma che ha appena condotto, Si Può Fare. Perché in caso di emergenza, si sa, Carlomio tira sempre.

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